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“Il caos è un ordine da decifrare” Libro dei contrari
Zipora Fried, Federico Herrero, Volkan Diyaroglu, Robert Kelly, Boo Ritson, Danny Rolph, Beth Brideau, AA Rucci. Ognuno cerca di contenere il caos in materiali e forme personali, ognuno cerca di dare il proprio ordine alla materia caotica che manipola. Lo spazio della galleria continua a inscenare un nuovo e teso dialogo di accelerazioni che esplodono e forme che si riposano.
Le pennellate d’umidità murale colorata di Federico Herrero parlano con toni accesi vicino alla splendida bomba di Volkan Diyaroglu chiamata appunto A Beautiful Bomb 2: big bang universale che è allo stesso tempo centripeto e centrifugo, distruzione e creazione. Lì vicino, troneggia l’immagine pop di The rancher di Boo Ritson, artista che tramuta la realtà (con i suoi stereotipi) in scultura, la scultura in pittura e, alla fine, fa convergere tutto nella fotografia che ne testimonia il risultato: una figura chandleriana di cow-girl a metà tra Andy Warhol e David Cronenberg, in cui il materiale pittorico e i tessuti umani sembrano mescolarsi. La confusione caotica che filtra e si infrange nel “twinwall” divenuto prisma di rifrazione di luce e ricordi, continua a pulsare in Pitt the Younger di Danny Rolph: il bombardamento della vita moderna viene restituito tramite suoni, forme e colori immersi nel fluttuante sguardo che si districa tra guizzi di luce e quel senso di perdita dell’infanzia che filtra simultaneamente dallo strato sottostante. Difficile dire se si tratta di caos o di ordine quando ci si trova di fronte alle due opere di AA Rucci, dai poetici titoli da teatro dell’assurdo, dalle metalliche linee verticali, orizzonti astratti disposti in modo da delineare una spazialità senza spazio che pur comprime in pochi centimetri le figure principali, voluttuose e fumettistiche. Intanto Spencer Young affronta con Shadow Figures la caotica realtà urbana con uno sguardo inedito che spinge a interrogarsi sulla visione, su ciò che NON c’è: un parcheggio metropolitano deserto diventa caverna di Platone, teatro di ombre in pieno giorno, lanterna magica en plein air. Quella che si era definita “Stanza della calligrafia perduta” instaura un nuovo dialogo con le opere caotiche dell’altra sala, ponendosi come equilibrato salvagente che fa del tentativo di ordinare l’inordinabile la sua vocazione artistica. La compassata astrazione di Robert Kelly sussurra qualcosa di impalpabile alla tela di Penelope tessuta da Zipora Fried con ripetitivi movimenti di grafite, sospesa tra arte concettuale e performance fisica. Lì di fronte Beth Brideau sembra voler ordinare con tratti rossi, la caotica realtà topografica vista dall’alto, sembra voler racchiudere uno spicchio di ambiente umano nella forzata fisicità di un foglio di carta. Ogni opera legge, comprime e riproduce il caos con il linguaggio e la forza spirituale del proprio gesto. Ogni artista cerca di decifrare l’ordine del caos.
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