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Jane Fine: Border Patrol
15/01/2008 - 28/02/2008

       
 
Situati al confine fra allegoria e astrazione, i miei dipinti sono campi di battaglia. Sono molteplici le lotte combattute in superficie, precipua fra tutte la lotta fra smarrimento e ottimismo, un conflitto fra l’informità e la struttura. È un luogo in cui i dipinti hard-edge hanno assestato un pugno all’astrazione biomorfa; forma e fondo duellano; una battaglia a torte in faccia fra disegno e pittura; e ogni forma corre il rischio di liquefarsi nel sentimentalismo a tinte vivaci dell’acrilico grondante.

La specifica natura di ogni dipinto è determinata dalla qualità di molteplici e rapide colate di pittura acrilica, seguite dal lento ricostruirsi di una rete di linee, disegnate a pennarello. Questa metodologia di lavoro obbliga due tipi molto diversi di mark-making estemporanei a coesistere, uno dipinto e uno disegnato. Un istante imito un Pollock ansioso, l’istante successivo accarezzo la superficie con linee delicatamente tratteggiate. In questi passaggi di disegno cavalco come un bambino ruoli di genere, mentre cuori felici e fragili fiori cedono il passo a scie di proiettili e colpi d’arma da fuoco.
Da quattro anni i miei dipinti incorporano immagini di guerra, con forme centrali che ricordano carri armati e fortificazioni. Canne di fucile fanno capolino da innumerevoli aperture, lance sono in agguato nell’ombra, eppure ogni combattente armato, confuso dal fumo e dal fango, manca il bersaglio. La violenza raffigurata è disperatamente immobile e impossibile da risolversi. Pur riferendosi a un mondo e a guerre esterne al mio studio, questi lavori sono altresì una metafora delle battaglie intrinseche al processo creativo, con tutte le gioie e le contraddizioni inerenti: cercando di conseguire qualcosa dal nulla, intenzionalità dal caso, illusione dalla monotonia e dall’uniformità.

   
         
 
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